Senza ombra di dubbio uno dei problemi di salute maggiormente diffusi nel mondo industrializzato è l’obesità. Ad oggi, infatti, sono circa 1 miliardo e 200 milioni le persone che presentano un problema di peso conclamato.
Gli esperti della sanità definiscono questo fenomeno un’epidemia globale poiché rappresenta un problema proprio del 50% della popolazione adulta nelle civiltà industrializzate. In Australia in particolar modo, è stato portato a termine recentemente uno studio i cui risultati hanno dell’incredibile: gli autori pensano infatti di aver compreso il meccanismo biologico che, attraverso il cervello, regola l’equilibrio tra l’utilizzo del grasso per un dispendio energetico e, d’altro canto, l’immagazzinamento di quest’ultimo, il quale causa obesità.
Studi precedenti avevano dimostrato attraverso metodi sperimentali che le responsabili dell’aumento di peso in diete ricche di grassi sono nientemeno che le cellule microgliali presenti nell’ipotalamo.
Queste, come sostiene Anna Cantagallo, “[…] sono un tipo di cellule della glia che si occupa della principale e primaria difesa immunitaria attiva nel SNC. Il Sistema Nervoso Centrale è infatti un organo che possiamo definire “immuno-privilegiato” in quanto possiede la barriera emato-encefalica che impedisce alle infezioni, potenzialmente presenti nel resto del corpo, di intaccare cervello ed il midollo spinale.”
Di importanza rilevante sottolineare che è possibile che un agente infettivo riesca a superare tale barriera ed è compito delle cellule della microglia aumentare l’infiammazione – e quindi i globuli bianchi – al fine di eliminarlo.
Ma come è possibile che queste cellule siano coinvolte nell’aumento di peso? Nel nostro cervello – in particolare nella regione medio-basale dell’ipotalamo (MBH) – sono presenti numerosi neuroni, il cui compito è quello di regolare l’assunzione di cibo e di conseguenza il consumo energetico.
In situazioni normali, come sostenuto da Anna Cantagallo “[…] questi neuroni cercano di trovare un giusto equilibrio tra il fabbisogno energetico consumato e il numero di calorie ingerite, necessario per mantenere il nostro peso normale. Diete ricche di grassi possono alterare questa funzione regolatoria: la sovrabbondanza di lipidi porta, dunque, le cellule della microglia ad innescare una risposta infiammatoria causando un mal funzionamento dell’ipotalamo medio basale.”
Lo studio, pubblicato niente meno che su Cell Metabolism (http://www.cell.com/cell-metabolism/pdf/S1550-4131(17)30434-5.pdf ) è stato capitanato dai ricercatori del Biomedicine Discovery Institute della Monash University che hanno voluto approfondire questo argomento per comprendere a fondo che cosa causi questo mal funzionamento ipotalamico.
Secondo i ricercatori del Monash è possibile che questo meccanismo si inneschi per via di una variazione della sensibilità all’insulina dei recettori presenti nell’MBH. In poche parole, hanno ipotizzato che dopo un pasto, l’aumento dell’insulina dovuto al cibo stimoli l’ipotalamo che a sua volta invia segnali nel corpo che hanno la funzione di trasformare il grasso bianco (che viene immagazzinato) in bruno (che viene, invece, bruciato per il fabbisogno energetico).
Nel digiuno, invece, la fosfatasi TCPTP inibisce la risposta all’insulina nei neuroni ipotalamici AgRP / NPY e con essa l’imbrunimento del grasso, in quanto è necessario a livello biologico avere del grasso bianco immagazzinato “salva-vita”.
Questa valvola rimane aperta durante i pasti ma nella normalità si chiude subito dopo: questo, però, non accade nelle persone sovrappeso (probabilmente per via dell’infiammazione innescata dalle cellule microgliali), causando un continuo immagazzinamento del grasso bianco e una significativa riduzione della trasformazione in grasso bruno. Dopo i pasti, quindi, il grasso non viene bruciato, anzi, si accumula e questo causa il circolo vizioso del continuo aumento di peso.
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“Il motivo per cui questa ricerca risulta molto promettente – spiegano i ricercatori australiani – è che si potrà provare ad interferire con questo ‘interruttore’ con lo scopo di promuovere la perdita di peso. Ma di tempo ce ne vorrà prevedibilmente non poco.”