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Stufe a pellet: la scelta giusta, con o senza Referendum Trivelle

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Una geologa diffida del Referendum Trivelle e spiega perché, per il futuro delle rinnovabili, stufe a pellet incluse, bisogna fare un passo alla volta.

In attesa del Referendum Trivelle, per il quale gli italiani saranno chiamati a votare, scegliere di usare stufe a pellet sostituendole con le vecchie stufe a legna o gas naturale diventa sempre più una necessità.

L’Italia è in attesa di conformarsi alla direttiva europea Ecodesign, riguardo all’installazione e certificazione ambientale degli impianti termici domestici, e tra qualche settimana gli italiani voteranno No Triv o Si Triv al referendum organizzato per decidere sulle trivelle.

L’aumento costante di richiesta delle stufe a pellet

Gli ultimi dati sull’aumento costante della richiesta di impianti a biomassa parlano chiaro: negli ultimi anni, sono stati 5 milioni gli italiani che hanno sostituito le vecchie stufe con i camini o stufe a pellet ed il numero è destinato a crescere.

I vantaggi offerti da questi impianti sono fondamentalmente due: l’uno economico, l’altro ecosostenibile. Nel primo caso, si parla di sgravi fiscali tra il 50 ed il 65% e di un risparmio in bolletta del 30% sulle spese di riscaldamento, di maggiore autonomia sia nel programmare l’impianto per l’accensione e lo spegnimento sia per il fatto che il pellet non è schiavo delle oscillazioni di prezzo del petrolio.

Nel secondo caso, l’uso di stufe a pellet coincide con un indiscusso rispetto dell’ambiente: questo tipo d’impianto libera nell’aria una minore quantità di CO2, è decisamente meno inquinante della stufa a legna o del gas naturale e le ceneri del pellet vengono riciclate sotto forma di fertilizzante per fiori e piante.

Rinnovabili: la strada da percorrere

Il Referendum Trivelle fissato per il 17 aprile cela alcuni punti controversi e Michela Costa, geologa che ha voluto ragionare con la sua testa, ha di recente detto la sua.

Dichiara che non andrà a votare e che, se fosse costretta, voterebbe No.

Spera che non venga raggiunto il quorum, è questa per lei la soluzione più ‘sostenibile’ e spiega in vari punti perché.

Vediamo, nei dettagli, quali sono questi punti e perché, secondo lei, per costruire e credere in un futuro rinnovato e rinnovabile, non basta soltanto comprare stufe a pellet (vedi i vari modelli su www.ferramentapasserini.com) ma gettare le basi per rendere gli impianti ecosostenibili davvero autonomi.

Perché la geologa diffida del Referendum Trivelle

Lo stop previsto dal referendum riguarda più il gas metano che il petrolio, mentre la vittoria del Si porterebbe, comunque, alla costruzione di nuovi impianti e non eviterebbe il rischio ambientale ma incrementerebbe l’export petrolifero (e l’inquinamento) e significherebbe sfruttare Paesi in via di sviluppo.

In più, un’eventuale vittoria del Si non si tradurrebbe in una politica immediata a vantaggio delle energie rinnovabili (come gli impianti di stufe a pellet), che ancora non possono definirsi autonome: l’ideale sarebbe sfruttare gli impianti esistenti come supporto alle rinnovabili e non costruirne altri, quindi dover superare un periodo di transizione con supporto alle fonti fossili (specie del gas metano).

E’ necessario fare un passo alla volta per poter arrivare, un giorno, all’utilizzo esclusivo di energie rinnovabili.

Ciò significherebbe non soltanto usare stufe a pellet per il riscaldamento o raggi infrarossi, ma non possedere né auto né moto e non comprare tanti prodotti per la realizzazione dei quali vengono usati i combustibili fossili.

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